Il 1600:

Nascono le Compagnie di Commercio e navigazione in Inghilterra, Olanda e Francia, che strappano il predominio al Portogallo, anche con gravi soprusi. Nasce il colonialismo. Gli olandesi, unendo cinque compagnie commerciali, arrivano a creare la più potente organizzazione del mondo che commercializza praticamente in esclusiva le spezie dai principali luoghi di produzione: India, Ceylon, Malesia, Molucche, Cina e Giappone. Batavia e Amsterdam diventano i due mercati estremi della nuova corrente del traffico delle spezie. Gli olandesi pagano il re delle Molucche per sradicare gli alberi di noce moscata, allo scopo di concentrarne la produzione nei propri territori e far salire i prezzi. I francesi trapiantano nei loro possessi tropicali noce moscata, garofano e pepe. Viene stipulato un trattato che regola gli interessi di Olanda e Inghilterra in India e nell’Asia sud-orientale. Da qui in poi, nessuna città può più definirsi la capitale del commercio delle spezie. Il cui commercio è però soppiantato, in quantità, dalla rapidissima ascesa dello zucchero, del cacao, del caffè, del tè, dei legni preziosi che finiscono per assegnare alle spezie una posizione più marginale nel commercio coloniale.

Il XX secolo:

Il valore e la mole di scambi commerciali sono in calo, inizia il tramonto delle spezie in gastronomia. Oggi buona parte degli aromi prodotti in climi tropicali è in disuso, e soltanto alcuni di questi sapori vengono usualmente impiegati per cucinare. Qualcosa però in tempi recenti sta cambiando; si torna a scoprire i sapori e gli aromi del passato con la diffusione da una parte della cucina indiana e cinese e dall’altra della nouvelle cuisine che osa sapori inconsueti.

Perché le spezie furono alla base di un enorme dispendio di energie e di soldi?

Le spezie in nessuna epoca della storia europea hanno avuto un ruolo così rilevante come tra il XIV ed il XVI secolo, assumendo una grande importanza per numero, frequenza e per le quantità utilizzate. Mai più le spezie hanno contato tanto nel grande commercio internazionale. La loro – al pari della ricerca dell’oro e dell’argento – spinse gli europei alla conquista degli oceani e nuovi continenti, stravolgendo la storia del mondo.

Cosa giustificò un tale dispendio di energie? Non ci si è preoccupati molto del problema né sono state date risposte soddisfacenti. Incominciamo con la più fragile delle ragioni proposte.

1° tesi: le spezie sarebbero servite per conservare le carni o per nascondere il cattivo sapore di quelle che erano mal conservate. Da ogni parte la si consideri, questa spiegazione è inammissibile.

Gli elementi di conservazione della carne e del pesce erano il sale, l’aceto, l’olio, e non certo le spezie. Anche se alcuni testi sono ambigui a questo proposito, in realtà le spezie non hanno mai fatto concorrenza al sale, e non è certo per il loro potere conservante che si accettava di pagarle molto più care.

In secondo luogo, al di fuori delle salature, le carni erano mangiate molto più fresche rispetto ad oggi. Infine, se alcune persone avessero mangiato carne conservata o carne avariata, costoro non sarebbero stati certo i signori e i ricchi borghesi che usavano le spezie, ma i poveretti che non avevano i mezzi per acquistarle.

2° tesi: alcuni storici hanno considerato la cucina speziata come uno strumento di distinzione sociale. Non è falso, dal momento che non era alla portata della gente del popolo. Diciamo di più: la quantità e la varietà delle spezie utilizzata aumentavano in proporzione della fortuna e del rango. Questa tesi però resta parziale, perché la funzione distintiva delle spezie non poteva essere preminente. Infatti non è sufficiente che un prodotto sia raro per essere ricercato e per procurare distinzione; bisogna altresì che sia considerato superiore a quelli suscettibili di esercitare la stessa funzione. Non era sufficiente che le spezie fossero più rare degli aromi del luogo per essere più care e per assumere un valore sociale.

3° tesi: gli occidentali avrebbero importato la cucina speziata dagli arabi, dei quali avevano potuto ammirare la civiltà durante le crociate. Per i partigiani più recenti di questa tesi, i libri di cucina occidentali sono tutti posteriori ai lavori culinari arabi, da cui traggono ispirazione. E sono quei libri a diffondere la cucina speziata in Occidente a partire dalla fine del XIII secolo. In effetti, è nota la raffinatezza della cultura araba e il suo prestigio presso gli occidentali. D’altronde le cucine del mondo arabo sono effettivamente speziate. Gli arabi sono i maestri del traffico di spezie tra i luoghi di produzione e i porti di Egitto o Siria, dove i veneziani, i genovesi e i catalani vengono a cercarle. Quindi, l’uso delle spezie in Occidente si spiegherebbe con la dominazione culturale e commerciale del mondo arabo nel Medioevo? Il guaio è che quell’uso è assai anteriore alle crociate (XI-XIII secolo), così come alla costituzione dell’impero arabo (VII-VIII secolo). La grande cucina romana, come noi possiamo conoscerla attraverso il trattato culinario di Apicio, era già una cucina speziata: l’80 per cento delle sue ricette contengono del pepe.

4° tesi: le spezie divennero importanti economicamente e socialmente perché avevano molte virtù medicinali. Sembrerebbe essere questa l’ipotesi di base. Infatti tra le spezie importate dall’Oriente molte non avevano alcuno scopo culinario ma solo funzione terapeutica. Riguardo a quelle di cui si servivano i cuochi, anch’esse avevano tutti impieghi medicinali. La funzione medicinale delle spezie è storicamente antecedente all’uso per condire il cibo.

Resta da sapere se questi prodotti farmaceutici, quand’erano utilizzati in cucina, lo fossero per motivi terapeutici o per fini puramente gustativi. Bisogna domandarselo perché la maggior parte delle spezie di cui oggi noi abusiamo contro le indicazioni dei medici, secoli fa furono usate su loro suggerimento, con motivazioni terapeutiche.